Oggi viaggiamo oltreoceano iniziando un nuovo viaggio alla riscoperta, non delle Tre Venezie, ma delle Venezie nel mondo. La nostra prima tappa è a Los Angeles, nella Venice della California.
Originariamente chiamata “Venezia d’America”, Venice California è stata fondata nel 1905 dal milionario del tabacco Abbot Kinney. Era una località balneare di 14 miglia nei pressi di Los Angeles. Kinney costruì appunto l’area su una palude balneare, e per questo molti la chiamarono “Kinney’s Folly“. Nonostante i non credenti, bonifico il terreno “e costruì un sistema di canali navigati da gondolieri. Il molo da lui eretto vantava attrazioni carnevalesche come montagne russe e case dei divertimenti, una sala da ballo, caffè e in seguito un acquario”.
La Venezia del Petrolio
Negli anni ’20 la Venice Beach di California fu incorporata a Los Angeles e sfruttata per il nuovo oro nero. Come ha notato Gizmodo , “Per gran parte del Ventesimo secolo, torri petrolifere torreggiavano su case, scuole, campi da golf e persino aranceti in tutto il bacino di Los Angeles…” La rivista scientifica racconta poi: “Ma forse da nessuna parte il cambiamento è stato così sorprendente come nelle spiagge della regione”. A Venice California però, i canali costruiti da Kinney venivano riempiti e, peggio ancora, la spiaggia era stata trasformata in un giacimento petrolifero.
La corsa all’oro nero
Nel 1929, la Ohio Oil Company, subentrò proprio mentre la città stava per affondare, costruendo un pozzo appena ad est del Canal Grande. Questo era uno dei due canali nord-sud al confine con l’ormai ambito e storico quartiere residenziale e, ovviamente, coglieva il suo nome dal famoso canale veneziano. Secondo Atlas Obscura , produceva 3000 barili di petrolio al giorno. “La notizia si è diffusa a macchia d’olio ed è iniziata la febbre da petrolio, con i residenti che hanno assalito il municipio chiedendo una nuova suddivisione in zone per consentire ulteriori trivellazioni”. Questo avveniva durante la Depressione, dopotutto. L’anno successivo c’erano 50 pozzi, che producevano $ 75.000 a settimana.
Il disastro ecologico
Vi furono da subito problemi ambientali e di sicurezza. “I rifiuti di petrolio inondavano le lagune e annerivano i canali un tempo incantevoli. Le scuole vicino ai pozzi erano state chiuse per motivi di sicurezza e la spiaggia era orribilmente inquinata“. Tuttavia, le perforazioni continuarono fino al 1932. Poi ci volle un decennio per portare 48 milioni di barili di “greggio in ribollimento fuori dalla costa”. Negli anni ’50, l’area trascurata era chiamata “Slum by the Sea”.
La bonifica
Negli anni ’70 la maggior parte dei pozzi era stata chiusa e, negli anni ’90, il giacimento petrolifero sulla spiaggia era finalmente esaurito. Nel 1991, il LA Times riferì che “gli ultimi pozzi di petrolio rimasti a Venice California erano chiusi, la società di Houston che li gestiva è in difficoltà finanziarie e alla città di Los Angeles potrebbe costare 2 milioni di dollari bonificare l’area in favore dei bagnanti». C’erano 10 pozzi rimasti in quel momento vicino al Padiglione di Venice California.
Di Venezia ce n’è una
Oggi si possono ancora vedere i segni dell’industria petrolifera in tutta Los Angeles, incluso il Beverly Center, che è stato sviluppato su un ex sito petrolifero. Ancora una volta gli americani provarono a copiare la bellezza delle eccellenze italiane, subendo un risultato tutt’altro che appagante. Di Venezia ce n’è una. Magica e originale. La nostra Venezia veneta.
Andrea Pesavento

