Dal 15 ottobre i lavoratori senza vaccinazione dovranno sottoporsi al tampone ogni 48 ore. Ma le farmacie venete hanno la disponibilità di tamponi solo per la metà dei lavoratori
Il problema del Green Pass per i lavoratori passa anche dalla disponibilità dei tamponi per i lavoratori non vaccinati, che hanno bisogno di andare in azienda. I numeri li ha espressi l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin, dopo che Zaia ha avvisato il governo del problema della mancanza dei tamponi.
“In base alle nostre stime, i veneti tra i 20 e i 70 anni non vaccinati sono 590mila. Circa la metà lavora e quindi dal 15 ottobre dovrà disporre del Green pass. Gli altri sono pensionati o studenti. Parliamo dunque di circa 300mila lavoratori. Disponiamo di 58 Covid point dislocati nelle nove Usl, in grado di effettuare 50mila tamponi al giorno. Si aggiungono le farmacie che hanno acconsentito a fare i test, mille su 1.400, che ne eseguono 20mila al giorno. Complessivamente, tirando la macchina al massimo, possiamo arrivare a 70mila test quotidiani. Considerando che il tampone rapido ha validità 48 ore (sale a 72 per i molecolari, però più costosi e sottoposti a una procedura più laboriosa, ndr), il conto è presto fatto”.
Una delle ipotesi è quella di estendere la validità dei tamponi per i lavoratori da 48 a 72 ore
Facendo due conti 300mila persone hanno bisogno di un tampone ogni due giorno, ma le farmacie venete hanno a disposizione 140mila tamponi. A questo numero vanno aggiunti quelli dei laboratori privati che non sono calcolabili dalla stima regionale.
Ma il dibattito è: chi deve pagare questi test? Si parla di 15 euro da pagare ogni 48 ore. Il datore di lavoro o il lavoratore o la asl? Secondo i sindacati devono essere le aziende, che invece (salvo qualche eccezione, come NaturaSì), vogliono che paghi il lavoratore. Una cosa è certa: non interverrà lo stato.
Il governo del Veneto chiede a Roma che, perlomeno, la validità dei tamponi per ottenere il Green Pass sia estesa da 48 a 72 ore. Lanzarini intanto coordina la nascita di punti tampone nelle zone industriali delle città venete a cui potanno aderire i lavoratori delle aziende che hanno la sede nelle vicinanze.
I medici di famiglia non sono disposti a fare i tamponi ai lavoratori senza Green Pass
I medici di famiglia, invece, anche loro attesi da Lorenzini sostengono di non essere disposti a fare loro i tamponi. Si esprime così, infatti Maurizio Scassola, segretario della Fimmg, sigla sindacale dei medici di base.
“Se la convocazione di mercoledì pomeriggio si aprirà con questa richiesta, possiamo anticipare che non se ne parla nemmeno. Siamo già in una situazione pesantissima, non sappiamo ancora nulla in merito alla campagna antinfluenzale e alle modalità di somministrazione delle terze dosi ai nostri pazienti, perciò mi aspetto prima di tutto un calendario organico per tutto il Veneto in merito a questi due impegni prioritari. Dopodiché non intendiamo mettere a repentaglio la salute degli utenti per riempire gli studi di persone non vaccinate che dovrebbero accedere in continuazione, tra un paziente e l’altro e senza alcuna programmazione. E’ inaccettabile”. Una posizione deontologicamente e scientificamente molto discutibile.
Un orientamento simile a quello dei medici di base in tutto il Paese. Le loro ragioni sono spiegate da Domenico Crisarà, vicepresidente nazionale della Fimmg. «Dovremmo sottrarre assistenza ai malati e rimandare ancora i controlli a pazienti cronici, diabetici, oncologici, per fare un favore ai no vax? C’è libertà di vaccinarsi o meno, ma siamo in piena emergenza nazionale, le forze a disposizione sono limitate quindi chi rifiuta l’anti-Covid ne affronti le conseguenze. Non si possono accampare diritti senza prima osservare i propri doveri nei confronti della collettività”. A voi le valutazioni.
