Il giallo legato alla morte dei due lavoratori di Rovigo, trovati la scorsa settimana in una stanza di albergo a New York, ancora è avvolta nel mistero. Sarà forse l’autopsia, fissata per questa settimana, a stabilire le cause degli strani decessi. Dai risultati dell’esame autoptico sui corpi di Luca Nogaris e Alessio Picelli, potrebbero emergere elementi utili, se non definitivi, per ricostruire i motivi della morte dei due lavoratori rodigini.
Una raccolta fondi per i due lavoratori
Nel Rodigino, intanto, gli amici dei due lavoratori hanno avviato una campagna di raccolta fondi per supportare i costi che le rispettive famiglie dovranno sostenere per riportare in Italia i corpi di Luca e Alessio.
Due morti nel mistero
Negli scorsi giorni è circolata da parte dei media statunitensi l’ipotesi che a stroncare la vita dei due lavoratori veneti sia stata un’overdose di droga. Luca Nogaris aveva 39 anni ed era di Rovigo. Artigiano imbianchino, era sposato con Stefania e padre di tre figli. Alessio Picelli, invece, era originario di Villadose e aveva 48 anni. Sposato e imprenditore, insieme ad un altro socio, dell’azienda ‘Helementi Interiors’ con sede a Rovigo, dove viveva.
Overdose di droga?
I due lavoratori rodigini si trovavano a New York per un progetto di ristrutturazione di una casa. Secondo le prime indagini della polizia americana, la causa del decesso dei due veneti potrebbe essere ascrivibile d una possibile overdose. Forse derivante da una partita di droga tagliata male. A conferma di tale tesi, gli inquirenti avrebbero trovato nella stanza di albergo alcuni accessori per il consumo di sostanze stupefacenti.
Le famiglie non credono alla pista della droga
Secondo la polizia newyorkese, nella Grande Mela sta circolando una partita di droga tagliata male con il fentanyl. La sostanza stupefacente e tossica risulta dunque letale per i consumatori. Mentre però stampa e polizia Usa segue la pista dell’overdose, i famigliari e gli amici di Luca e Alessio non credono a questa ipotesi “drogata” dalle facili conclusioni e chiedono “risposte concrete”.
Andrea Bonazza

