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Reitia, la Dea Madre dei Veneti antichi

Storia e luoghi della Dea Reitia, Madre Veneta di tutto e di tutti, divinità al di sopra della quale nessun altra divinità poteva essere posta

La Dea Reitia era una Dea Madre Veneta, definita con l’epiteto Potnia Theron (la signora degli animali), pertanto Signora della Natura e Natura ella stessa. Ella era legata al culto delle nascite e della fertilità, a quello della salute e della guarigione, ai viaggi e al commercio e pure al viaggio dell'”aldilà”. In altre parole era Dea della crescita e della morte, pertanto una Dea Una e Trina.

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Il nome “Reitia” dovrebbe essere collegato a quello della popolazione dei Reti che abitava nella zona Alpina

Venne anche rappresentata in figure femminili antropomorfe con zampe di uccello (tipo Arpia) o teste di cavallo. Questa raffigurazione, sotto forma di oggetti votivi, sono di frequente ritrovamento nei luoghi di culto. Oppure comparve con un velo sulla testa, circondata da animali, e con un chiave in mano. Il nome “Reitia” dovrebbe essere collegato a quello della popolazione dei Reti che abitava nella zona Alpina. “Era una Dea, non un Dio, la divinita’ che tutelava le acque sacre agli antichi veneti”. Incisa a sbalzo su una lamina circolare di bronzo che risale al quarto secolo a.c., coperta da un manto e con in mano un fiore che si schiude, Reithia, la divinita’ paleoveneta arcaica, e’ da oggi in mostra nella basilica paleocristiana di Concordia Sagittaria (Venezia).

Reitia è la madre di tutto e di tutti, un dea al di sopra della quale nessun altra divinità poteva essere posta

La figura mitologica, analoga a quelle gia’ rinvenute, era ritenuta dagli abitanti del Veneto antico tutelatrice delle acque e del parto, delle piante e degli animali. Una divinita’ forse autoctona, cui poi si sovrapposero influenze celtiche e colonizzazione romana. Reitia è la madre di tutto e di tutti, un dea al di sopra della quale nessun altra divinità poteva essere posta. La sua importanza ne fa dea degli elementi, della natura e degli animali, del ciclo vitale, dei boschi e delle acque, della salute e della guarigione, del passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Viene chiamata anche dea tessitrice, in quanto, come una veneta parca, tesse la tela delle vite terrene. E’ lei che, tramite la sua chiave, regola le sorti dell’intero mondo.

Come ogni dea madre che si rispetti, a Reitia era sacro l’elemento dell’acqua, anch’esso simbolo di fertilità e vita

Ancora non è ben chiaro il significato della chiave di Reitia, che però ha tutta l’aria di essere un caduceo o addirittura la stilizzazione dell’utero femminile, simbolo quindi di nascita e vita.
La scritta si avvolge a formare il simbolo dell’infinito e in uno dei tondi è rappresentata la famosa “chiave” o carro solare. Questi simboli, combinati tra loro ci possono far dedurre che i veneti credessero se non nella reincarnazione nel ritorno ad una nuova vita, come il perpetuo sorgere e tramontare del sole. Come ogni dea madre che si rispetti, a Reitia era sacro l’elemento dell’acqua, anch’esso simbolo di fertilità e vita: non a caso tutti i templi a lei dedicati si trovano nei pressi di fiumi o ruscelli. Molti santuari dedicati alla Dea sono stati rinvenuti all’interno del territorio Veneto.

Troviamo il SANTUARIO ROMANO del MONTE CASTELON presso Marano in Valpolicella

Troviamo il SANTUARIO ROMANO del MONTE CASTELON presso Marano in Valpolicella.
Lo scavo ha evidenziato la presenza di tracce di un’ area cultuale protostorica e di un tempio di età tardorepubblicano. In questo fanum venne rinvenuto un altare con un sacerdote e con una sacerdotessa definita “flaminica”, con una specie di turbante sul capo, con una veste di tipo ellenico o orientale come orientali appaiono i suoi lineamenti. Per giunta ha un’immagine centrale sul petto che riproduce una Grande Madre coi pargoli, con tre medaglioni più piccoli aldisotto che potrebbero ricordare i tre aspetti della Dea Trina. Il suo costume invece somiglia stranamente al costume della Dea Reitia, e diversi studiosi ipotizzano che il Fanum, prima di essere dedicato a Minerva fosse dedicato alla antica Dea Reitia, che del resto aveva molto in comune con Minerva, a cominciare dal potere guaritore, alle acque e della guerra.

Altro ritrovamento è il santuario di REITIA A CA’ODDO DI MONSELICE

Altro ritrovamento è il santuario di REITIA A CA’ODDO DI MONSELICE. Reitia è una divinità di 3500 anni fa, nell’epoca pre-romana, la Dea creatrice veneta, la Dea misericordiosa e benevola, la Dea del matriarcato che sopravvisse anche nel patriarcato. Reithia fu sempre illustrata in atteggiamenti benevoli e materni, spesso tra un lupo e un’anatra, matrona delle belve e delle creature più indifese. Ma era anche Dea della navigazione, delle bestie feroci e della guarigione. Se ne trova traccia a Vicenza (anche se ora sopra vi è stata costruita una chiesa) e, specialmente, ad Este nel padovano. La femminilità paleoveneta influenzò persino i nomi delle cose, ad esempio un piccolo corso d’acqua s’indicava al maschile, ma diventava femminile nel caso di un fiume. Questo accadeva pure per i villaggi e le città, o tra un picco e una montagna. Ciò che era femminile nel matriarcato indicava qualcosa di più esteso o più importante.

Anche a SCHIO possiamo trovare tracce della Dea

Anche a SCHIO possiamo trovare tracce della Dea. Il centro storico della città ruota intorno al Castello e al Duomo. I primi segni degli antichi insediamenti risalgono al Paleolitico superiore. Principalmente, la zona più abitata era la frazione di Magrè, dove gli antichi popoli veneravano la Dea Reithia tramite un tempietto costruito in suo onore. Probabilmente i Romani la associarono alla Dea Diana. Un’altra area abitata all’epoca è la zona del Castello di Schio che era attraversata dalla via dei Veneti, che collegava il luogo alla Valle dell’Adige. Per questo motivo i Romani utilizzarono la città come stazione militare.

Probabilmente il guerriero a fianco potrebbe essere il figlio della Dea

Gli ultimi scavi sul Monte Summano, dal 2008 al 2010, sono stati proficui poiché hanno portato alla luce due statuine d’argento, alte 4 cm. La prima raffigurante un eroe o dio dotato di scudo, asta, corto mantello ed elmo, identificabile quindi con Marte o Ercole. L’altra è una divinità femminile in trono, protettrice della fertilità e dell’abbondanza ma anche legata al mondo ctonio come ricordano i serpenti e la patera per libare (probabilmente si tratta di Cerere o della divinità retico-venetica Reitia). La presenza degli alberi anzichè delle messi, del trono e della patera relativa al mondo ctonio, nonchè i numerosi serpenti che la rivelano Dea Terra, ci fanno pensare possa riferirsi a Reitia. Probabilmente il guerriero a fianco potrebbe essere il figlio della Dea, forse col relativo mito di morte e resurrezione.

Anche Este presenta tracce di un luogo di culto a lei dedicato

Anche Este presenta tracce di un luogo di culto a lei dedicato. Sono state trovate a Baratella, a circa 1 km a sud-est di Este (Padova) e fu scoperto nel 1880 a seguito della costruzione di un canale idrico. Nel tempio trovato ad Este operava una classe sacerdotale per lo più femminile, ed erano le sacerdotesse ad occuparsi dell’ospitalità dei pellegrini che numerosi venivano al santuario da ogni parte, che eseguivano riti e cerimonie, e che soprattutto si occupavano dell’insegnamento della scrittura venetica e dell’insegnamento della magia alle donne. Il santuario, sorto per invocare la protezione della Dea, offriva guarigioni, miracoli e speranze.

Nel suolo italico infatti non ci si inginocchiava, non ci si prostrava e non si giungevano le mani. Nemmeno i romani lo fecero mai

Spesso si offriva a Reitia un’immagine votiva di sé col proprio eventuale rango, ruolo, età, nella società, come testimonianza di fede e ringraziamento. Oppure si rappresentava su una lamina la parte del corpo guarita. Ci sono pervenuti persino bronzi raffiguranti le modalità di preghiera: in piedi con le gambe allargate e le braccia protese verso l’alto con i palmi aperti. nel suolo italico infatti non ci si inginocchiava, non ci si prostrava e non si giungevano le mani. Nemmeno i romani lo fecero mai. L’usanza di inginocchiarsi e di giungere le mani in gesto di supplica e sudditanza verrà imposto dal cristianesimo copiando l’uso orientale.
Le donne erano vestite con vesti semplici fino al polpaccio e il capo coperto, mentre bambini non avevano accesso al tempio. Segno di rispetto dell’età infantile che non doveva essere costretta, come anche oggi si fa, ad una innaturale immobilità ascoltando cose incomprensibili.

I santuari sorgevano in prossimità dell’acqua e anche in quello di Reitia si è trovato, poco distante dall’antico corso dell’Adige, un gradino in cui avvenivano le attività di sacrificio. Il museo di Este, Padova, ospita un reparto dedicato ai resti del tempio di Reitia e che riportano formule magiche.

Le nostra radici sono in questi antichi culti e nella memoria delle divinità venerate dagli antichi veneti

Reitia era quindi una divinità preromana il cui culto risale a ben 3500 anni fa, adorata soprattutto dai veneti per i quali era la Dea somma per eccellenza, colei che tutto può e che è al disopra di tutti gli altri Dei. Reitia è la Dea creatrice, la Dea misericordiosa che ascolta le preghiere dei fedeli e le esaudisce. Ma Reitia è anche la Dea della navigazione, e la Dea delle bestie feroci. Ma era anche la Dea che ama la natura e specialmente la Dea che guarisce, legata al ciclo della vita, alla morte e alle nascite, per cui anche al parto. Le nostra radici sono in questi antichi culti e nella memoria delle divinità venerate dagli antichi veneti.

Di Nicolò Banterla

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