Riprendono gli scavi presso la Villa dei Mosaici di Negrar, nella Valpolicella veronese. Un sito di straordinaria bellezza che avvierà un nuovo modo di collaborare tra pubblico e privato
Sono ripresi in questi giorni, nonostante l’emergenza Covid, gli scavi archeologici presso quella che è già stata ribattezzata la Villa dei Mosaici di Negrar, nella Valpolicella veronese. Le immagini dei mosaici, in perfetto stato di conservazione, avevano stupito il mondo per la loro bellezza e per la sopravvissuta vividezza dei colori.
“Potrebbe trattarsi del lato meridionale di un ampio portico colonnato, un peristilio, forse aperto su un giardino interno”
In realtà i primi reperti erano stati scoperti già quasi un secolo fa. Correva l’anno 1922. Una seconda serie di scavi è stata effettuata nel 1975. Per decenni poi il sito è caduto nell’oblio. Nell’estate 2019 la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona, con la direzione dell’archeologo Gianni de Zuccato (lo scavo è stato realizzato dalla SAP – Società Archeologica Padana), è tornata a scavare in diverse aree del terreno privato in cui è emersa la presenza della villa romana. Trovando “muri, una pavimentazione con lastre di pietra e tre gradini, appartenenti probabilmente a un settore di servizio della residenza”, dichiarava de Zuccato a L’Arena, per poi scoprire una porzione della pavimentazione a mosaico a motivi geometrici. “Potrebbe trattarsi del lato meridionale di un ampio portico colonnato, un peristilio, forse aperto su un giardino interno”, continuava de Zuccato.
I proprietari dell’azienda agricola al cui interno si trovano i resti della villa romana, che hanno rinunciato a indennità di occupazione o premi di rinvenimento
“Dopo innumerevoli decenni di tentativi falliti, finalmente è stata riportata alla luce parte della pavimentazione e delle fondamenta della villa romana ubicata a nord del capoluogo, scoperta dagli studiosi oltre un secolo fa. I tecnici della Soprintendenza di Verona, con un carotaggio mirato del suolo, stanno parzialmente scoprendo i resti del manufatto ancora presenti sotto alcuni metri di terra. Con un obiettivo preciso: identificare l’esatta estensione e la esatta collocazione della antica costruzione”: si leggeva così nella nota dell’anno scorso del Comune di Negrar. L’arrivo del Coronavirus aveva però bloccato nuovamente tutto. Ora i lavori sono ripresi.
Questo anche grazie ai proprietari dell’azienda agricola al cui interno si trovano i resti della villa romana. Che hanno rinunciato a indennità di occupazione o premi di rinvenimento e che stanno contribuendo concretamente alle opere di scavo.
La Soprintendenza: “L’interesse qui è mettere insieme l’archeologia ed il prodotto caratteristico della Valpolicella: il vino. Che è un prodotto culturale”
Spiega il soprintendente Vincenzo Tiné. “Il tentativo è quello di raccogliere disponibilità e risorse da parte di tutti gli attori in campo. Finito lo scavo estensivo, si spera per la primavera dell’anno prossimo, dovrà essere scattata con il contributo del ministero della Cultura la fase di allestimento delle strutture. Con qualche difficoltà rappresentata dal fatto che lo Stato dovrà investire importanti fondi su un’area privata. Ma l’interesse è proprio quello di riuscirci senza snaturare questa modalità sinergica di collaborazione che non tende ad espropriare, non tende a mettere per forza tutto nella mano pubblica, ma a lasciare ai privati. Non solo la proprietà, bensì anche qualche forma di gestione del sito. Perché l’interesse qui è mettere insieme l’archeologia ed il prodotto caratteristico della Valpolicella: il vino. Che è un prodotto culturale, sono filoni interconnessi anche solo dal punto di vista culturale, perché il vino vale quanto l’archeologia e viceversa, qui abbiamo due filoni da coltivare“.
L’obiettivo, condiviso dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini, è quello di trasformare il sito in un parco archeologico che valorizzerà ulteriormente il potere attrattivo della Valpolicella.
