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Il massacro degli Ezzelini

"Alberico da Romano si consegna prigioniero con la propria famiglia al marchese d'Este", Francesco Hayez, 1852, Pinacoteca di Brera.

Questa settimana ci spostiamo nella provincia di Treviso, nel comune di San Zenone degli Ezzelini. Qui riscopriamo la storia di un efferato massacro di un’intera famiglia nobiliare.

Gli appassionati di storia medievale o locale conosceranno già il nome Ezzelino da Romano, grande sostenitore di Federico II che Dante catapulta all’inferno, immerso nel sangue. Nel comune di San Zenone (TV) infatti troviamo i pochi di resti di un castello andato distrutto nel 1260. Ad abitare il castello era la famiglia dei da Romano, meglio nota come Ezzelini. La nostra storia risale al tempo in cui gli eredi della vecchia famiglia erano Ezzelino III, Alberico e Cunizza, della quale si ricorda la buona disposizione in campo amoroso avendo ella avuto tre mariti e numerosi amanti.

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La crociata contro i Da Romano

Ezzelino e Alberico erano, secondo la compagine guelfa, due tiranni, dediti alla violenza e alla sopraffazione, tanto da essergli attribuita un’anima demoniaca. Le leggende narrano che murassero vive delle persone in piccole celle e che facessero loro cavare gli occhi. La loro bramosia di potere e di conquista rendeva scontenti molti personaggi vicini e lontani. Il papa, anch’egli mancato ammiratore dei Da Romano, arrivò a indire una crociata contro questi. Ezzelino era già morto, e il castello era abitato dal fratello Alberico. Arrivati i nemici pronti all’assedio la famiglia di Alberico fu trucidata. I figli morirono decapitati davanti ai suoi occhi mentre le figlie e la moglie furono stuprate e arse vive. Alberico invece, morì legato alla coda di un cavallo imbizzarrito. I suoi resti furono bruciati in piazza a Treviso.

Le misteriose voci degli Ezzelini e le apparizioni inquietanti a San Zenone

Si dice che la sua anima, come quella di suo fratello, straziata per la sorte toccata ai figli, vaghi ancora agonizzante di dolore intorno alla collina che lo aveva reso così crudele in vita e così devastato in punto di morte. A danzare tra gli alberi, serena e eterea c’è ancora Cunizza, stretta tra le braccia del suo amante. Tanti, tra turisti e autoctoni, curiosi  e cacciatori di fantasmi, affermano di riuscire a percepire grida piene i dolore e ad assistere a misteriose apparizioni di fantasmi. Quando la leggenda sfuma i contorni dei fatti reali e il mito alimenta il folclore popolare, la storia rimane viva nei ricordi di chi la protegge e la racconta.

Elena Bibi

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