24 gli equipaggi coinvolti, ognuno composto da 6 persone, per un totale di 144 partecipanti: una staffetta di 24 ore, sul Canal Grande, a bordo di una caorlina, per mantenere alta l’attenzione sulla vicenda di Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano bloccato in Sudan ormai da più di dieci mesi
Una staffetta di 24 ore, sul Canal Grande, a bordo di una caorlina, per mantenere alta l’attenzione sulla vicenda di Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano bloccato in Sudan ormai da più di dieci mesi. Partita alle 11 di sabato, la staffetta si è conclusa ieri alla stessa ora. 24 gli equipaggi coinvolti, ognuno composto da 6 persone, per un totale di 144 partecipanti. Un appello era girato sui social e tantissima gente si è mobilitata.
La comunità veneziana ha rinnovato così la propria la solidarietà a Marco Zennaro, ai suoi familiari e ai suoi figli. Un modo per tenere accesi i riflettori su questa triste vicenda che dura ormai da quasi un anno, e per dire ad alta voce che non c’è più tempo da perdere.
Era il 1° aprile del 2021 quando Marco Zennaro ha iniziato il suo calvario giudiziario in Sudan
Era il 1° aprile del 2021 quando Marco Zennaro ha iniziato il suo calvario giudiziario in Sudan, trasportato in una cella di sicurezza senza nemmeno un processo. Le condizioni umanitarie erano imbarazzanti: quaranta persone stipate in un unico ambiente, un gabinetto che doveva bastare per tutti e cinquanta gradi a rendere le condizioni ancora più insopportabili.
Il suo fisico ne ha risentito: febbre alta, dolori ovunque alla schiena e alle articolazioni. Dopo tre mesi qualcosa si è mosso ed è stato spostato in un carcere sudanese, dove ha ricevuto più umanità dai detenuti che dalle autorità. Come racconta lui stesso: «Tutti i miei nuovi compagni mi hanno preso in cura perché hanno detto che quando mi hanno guardato hanno visto un uomo morto».
Rinchiuso in una cella di sicurezza, il suo corpo e la sua mente deperivano sempre di più
Col susseguirsi dell’iter giudiziario, Marco ha potuto spostarsi in un albergo e successivamente si è rifugiato all’ambasciata italiana, nella foresteria. In questo modo può scongiurare il rischio di un arresto improvviso, come era stato il primo, senza motivo né prova alcuna. Ma adesso basta: Marco Zennaro deve poter tornare ai suoi affetti, alla sua casa, alla sua vita. Se la Farnesina c’è, che batta un colpo.
La redazione

