Tra il Chievo e il Covid l’azienda veronese dei pandori Paluani è in seria difficoltà. Ha debiti con le banche per 30 milioni.
La Paluani è ormai piegata dalle avversità, tra quelle legate al fallimento del Chievo a quelle derivanti dalla pandemia. Se Melegatti era stata salvata dal baratro grazie all’intervento della famiglia vicentina Spezzapria, è ovviamente sempre Verona a vantare un altro big del pandoro in grande difficoltà.
L’azienda dolciaria Paluani è stata fondata nel 1921e rilanciata come realtà industriale negli anni Sessanta grazie alle famiglie Campedelli e Cordioli. Entrambe erano legate al Chievo Verona, realtà calcistica scomparsa quest’estate dal calcio professionistico. L’azienda ha presentato il ricordo per il concordato con riserva.
Ricorso che è stato immediatamente accolta dal Tribunale di Verona, sezione fallimentare, che ha concesso all’azienda fino al 22 febbraio 2022 per presentare una proposta di concordato. I commissari giudiziali, l’avvocato Matteo Creazzo e il commercialista Andrea Rossi. Un vero e proprio concordato in bianco, che può mettere al riparo l’azienda dalle richieste dei creditori e predisporre un piano per salvare la campagna di Natale 2021 e quella di Pasqua 2022.
Non solo pandori: le varie attività dell’azienda dei pandori
Paluani era proprietaria all’82% del Chievo Verona, inoltre aveva sedi in ben 40 Paesi, lasciando però la sede principale a Dossobuono. L’azienda vanta 150 dipendenti che diventano anche 490 nei momenti di picco stagionale. Tra gli elementi fondamentali presentati nel ricorso si legge che la pandemia da Covid del 2020 ha innescato una vera e propria tensione finanziaria, aggravata dalla crisi in cui versa la squadra di calcio.
Un capitolo nerissimo quello tra Paluani e il Chievo Verona, che apre la relazione presentata in tribunale. Paluani sostiene di poter vantare crediti per 3,5 milioni a titolo di finanziamento soci, senza contare di «aver prestato fideiussioni per circa 11,7 milioni», al Chievo, «su un’esposizione debitoria che al 19 ottobre 2021 risulta pari a 6,9 milioni».
Questo è quanto scrive Paluani nel ricorso. «È oggi evidente che i flussi a sostegno del ChievoVerona sono tra gli indici della crisi della Paluani e che il presente concordato è e sarà occasione e strumento per interrompere i rapporti infragruppo e focalizzare la società sul suo core business».
Un ricorso in tribunale da parte della Paluani per riuscire a sistemare i debiti e salvare la stagione
Non solo, secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, Paluani scrive anche che; «la crisi della società è strettamente legata a fattori esogeni relativi alla pandemia da Covid- 19, dopo alcuni anni di forte espansione». Un 2017 in crescita del 20% come ricavi e un +22% sul margine operativo lordo, con un utile operativo a 1,5 milioni, ma anche nel 2018 e 2019, ancora in crescita del 4%. Poi però il 2020; il bilancio chiuso al 30 giugno 2020 parla di ricavi per 53,7 milioni contro i 58 dell’anno prima; con una perdita di 1,7 milioni contro un utile di 105 mila euro nel 2019. Fase dunque interrotta lo scorso anno, con il primo lockdown «proprio nel periodo della campagna pasquale».
In questo modo si può comprendere come «la tensione finanziaria derivante dalle ridotte performance delle due campagne (natalizia col pandoro e pasquale); del 2020» si sia sommata all’«impossibilità di reperire nuove risorse finanziarie a sostegno della campagna natalizia 2021».
In più, di fronte alla crisi, la «rimodulazione del debito bancario secondo la normativa emergenziale Covid-19»; l’«apporto di finanza da parte dei soci di riferimento nel corso dell’anno 2021»; con apporti per 2,75 milioni di euro, l’«uso degli ammortizzatori sociali Cig Covid».
Il capitolo banche, tra debiti e crediti dell’azienda dei pandori
Ora, quello che deve scattare per l’azienda di Paluani è una vera e propria «operazione di ristrutturazione finalizzata a preservare la continuità aziendale». Lo dice lo stesso Paluani quando parla di guardare all’«avviamento»; e «finalizzazione della campagna natalizia»; e al «mantenimento della forza lavoro nonché del miglior soddisfacimento dei creditori», annunciando oltre al deposito del ricorso per il concordato, «un’istanza per l’autorizzazione al mantenimento e, se del caso, l’erogazione di linee di credito».
Resta quindi inevitabile l’affidamento agli istituti di credito, verso cui i debiti ammontano a 30 milioni. Eppure tra i creditori di Paluani si trovano anche istituti di credito quali «Banco Bpm, Bper Banca, Carige, Credit Agricole, Credito Valtellinese, Mps e Unicredit». In questo senso, sono cominciati i colloqui per r «acquisire una prima disponibilità a mantenere e/o a erogare linee di credito a breve termine o linee factor».
