Il leggendario Harry’s Bar di Venezia compie 90 anni. Ma lo storico locale festeggia la ricorrenza con la serranda chiusa: non ha infatti il plateatico esterno
Il tavolo su cui Hemingway finì di scrivere “Di là dal fiume e tra gli alberi” è vuoto, mentre davanti alla serranda abbassata all’imbocco di Calle Vallaresso sfila distratto qualche turista. Non è così che Arrigo Cipriano aveva immaginato di festeggiare oggi a Venezia il novantesimo compleanno del suo Harry’s Bar. Lo riferisce l’Ansa.
Il bar venne fondato nel 1931 da Giuseppe Cipriani. Il nome del bar, come raccontò lo stesso Giuseppe Cipriani, deriva da quello del giovane studente statunitense Harry Pickering. Che, trasferitosi negli anni venti a Venezia con una zia per tentare di curarsi da un inizio di alcolismo, venne da questa piantato in asso con pochissimi soldi dopo un litigio. Giuseppe Cipriani, all’epoca barman nell’hotel Europa & Britannia, in cui risiedeva lo statunitense, impietosito dalla vicenda prestò al giovane 10.000 lire. Somma considerevole per l’epoca, che servì per consentirgli di rientrare in patria. Due anni dopo, il giovane, guarito dall’alcolismo, tornò a Venezia. E, rintracciato Cipriani, in segno di gratitudine gli restituì l’intera somma aggiungendovi 30.000 lire perché potesse aprire una sua attività in proprio. Cipriani decise quindi di chiamare il suo locale “Harry’s Bar” in onore del suo benefattore, inaugurando la sua attività il 13 maggio 1931. Nel 2001 il locale è stato dichiarato patrimonio nazionale dal Ministero dei Beni Culturali
E così al patron dello storico locale Arrigo Cipriani, 89 anni, non è rimasto che festeggiare fuori dal locale
Ma le regole del Covid non fanno sconti a nessuno, neppure ad un locale dichiarato nel 2001 patrimonio nazionale dal ministero dei Beni culturali. E così a Cipriani, 89 anni, non è rimasto che festeggiare fuori dal locale, chiuso perchè senza plateatico e servizio mensa.
“Aspetto che il Presidente del Consiglio Draghi stanzi con questo governo i fondi per rimborsarci almeno di una parte dei danni economici che ci ha causato la pandemia – spiega Cipriani – ma la cosa più bella sarebbe quella di permetterci di riaprire tra una decina di giorni. Al resto ci pensiamo noi”.

