Nell’intero fronte dolomitico della Prima Guerra Mondiale, ad oggi, sono molti i sacrari militari sparsi su tutto il territorio triveneto. Uno di questi è al Pian di Salesei
A pochi chilometri dal monte sacro Col di Lana, troviamo il Sacrario Militare di Pian di Salesei. Esso è dislocato nel piccolo comune dolomitico di Livinallongo, paesino che venne distrutto cent’anni or sono durante la Grande Guerra.
La Grande Guerra
Al tempo amministrato dall’Impero austroungarico, nell’estate del 1915 Livinallongo si ritrovava proprio nella prima linea dei combattimenti di confine. Ai piedi di quella montagna chiamata Col di Lana, che vide cadere sotto cannonate, fucilate e terribili mine, migliaia di soldati provenienti da tutta Italia e da ogni dove dell’Austro-Ungheria. Parlando di mine, fu proprio qui che nell’aprile del 1916 deflagrò una gigantesca mina italiana sotto le postazioni austriache, nel tentativo di far largo al Regio Esercito verso il Trentino Alto Adige. Nacque così l’esigenza di un nuovo cimitero a Pian di Salesei.
Degna sepoltura
Al termine del conflitto, nel 1922, laddove già vi era un cimitero militare che raccoglieva le spoglie dei militi caduti tra il 1915 e il 1918, a Livinallongo venne inaugurato il Sacrario Militare del Pian di Salesei.
Il Sacrario militare
Opera dell’architetto Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni, qui oltre ai soldati già sepolti, dai campi santi del vicino fronte vennero traslate le ossa di 685 soldati tra i quali 19 austroungarici.
La gigantesca croce pedonabile di Pian di Salesei che ospita queste 685 eroiche salme, inizia con 14 cippi di roccia dolomitica che portano ciascuno il nome dei campi di battaglia montani nella zona. Al centro vi è una croce in bronzo con la scritta “Presente” sull’altare e una piccola chiesetta che, ornata degli affreschi dei reggimenti, custodisce i militi ignoti.
Onore ai caduti
Il silenzio delle Dolomiti a Pian di Salesei continua a onorare i caduti mentre la società li dimentica. Eterni giovani, italiani e tedeschi, che combatterono in difesa di sacri confini oggi sempre più astratti. Basta leggerne le storie o le lettere per essere investiti da un profondo rispetto nei loro confronti.
Andrea Bonazza

