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Evasione fiscale, Guardia di Finanza veronese sequestra oltre 8 milioni di euro

Proseguono le retate contro gli imprenditori veneti indagati di evasione fiscale.

La Guardia di Finanza veronese ha eseguito un decreto di sequestro preventivo, confiscando oltre 8,7 milioni di euro. La società coinvolta nelle indagini opera nella vendita all’ingrosso di rottami ferrosi. Già fallita a ottobre 2019, la società è sospettata di evasione fiscale per mezzo di fantomatiche fatture, per oltre undici milioni di euro, legate a false operazioni.

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Gli indagati

L’amministratore della società è un sessantunenne bresciano. A quanto riporta l’Ansa, l’uomo è indagato per bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le Fiamme Gialle hanno eseguito un sequestrato di beni per un controvalore di oltre 5,7 milioni. Coinvolto nella frode anche un 39enne romeno. Lo straniero è indagato per gli stessi reati e per emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio. A quest’ultimo la GdF ha sequestrato beni per quasi 3 milioni.

Tra l’Italia e l’estero

I due imprenditori indagati avrebbero ricavato circa tre milioni di euro grazie ad un finanziamento erogato dal Mediocredito. Tale finanziamento era garantito dallo Stato mediante il Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese. I due avrebbero dunque simulato il pagamento di fatture false, emesse per una vendita mai avvenuta. L’operazione prevedeva la vendita di macchinari procurati da una società croata, utilizzata anche per la fittizia cessione di rottami ferrosi.

Riciclaggio internazionale

L’imprenditore romeno avrebbe poi messo in atto un sistema di riciclaggio internazionale. I movimenti finanziari attuati dal soggetto, per un ammontare a oltre 6 milioni di euro, erano perlopiù a favore di società con sede in Cina, Hong Kong e Serbia. Gli agenti delle fiamme gialle hanno infine scoperto una compravendita fittizia di un complesso immobiliare. Tale compravendita avrebbe coperto oltre 4,3 milioni di euro, grazie ad una società abruzzese presso la quale dovevano essere collocati i macchinari.

Michele Fine

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