Elisabetta Caminer, figlia di Venezia, giornalista, editrice, donna veneta orgogliosa, colta e altolocata
Nata a Venezia nel 1751, Elisabetta Caminer era figlia d’arte. Il padre, Domenico Carminier, infatti, era un uomo di grande cultura, che si dedicò con successo alla creazione di nuovi giornali. In un’epoca in cui, a Venezia, si viveva di un vivace risorgimento culturale e letterario.
Elisabetta, dunque, venne alla luce tra libri, carte e inchiostro e la sua vita sarà molto segnata da questo retaggio. La redazione del giornale di Elisabetta collaborava anche con giornalisti d’oltralpe, e offriva ai suoi lettori notizie storiche, novità scientifiche, avamposti letterari.
Il trasferimento a Vicenza per seguire l’amato marito, Alberto Turra, e la nuova sede del giornale
Sul piano della vita privata, invece, Elisabetta, dal carattere indomito e dotata di una bellezza fuori dal comune, si guadagnò una sfilza di ammiratori. Si fidanzò, e poi sposò con il vicentino Antonio Turra, direttore del’Orto del Vescovo di Vicenza e direttore dell’Accademia fisico-botanica di Firenze.
Così, la sede del giornale passò a Vicenza nel 1777, nello specifico in una delle case di contrà Canove Vecchie. Elisabetta assume il ruolo di direttrice direttamente da Vicenza, sebbene soffra la lontananza da Venezia. Eppure, il profondo amore per il marito le permisero di proseguire nella sua vita.
Elisabetta Caminer, il Giornale Enciclopedico e il circolo culturale nella Serenissima
Nonostante Vicenza si presenti una piazza molto diversa da come se lo aspettava, Elisabetta, caparbia e risoluta, continuò nella sua opera. In questo fu molto aiutata dall’appoggio incondizionato del consorte. Nel 1779 aprì una sua stamperia in Contrà Canove.
Elisabetta non si interessò soltanto del Giornale Enciclopdico, ora diventato Nuovo Giornale Enciclopedico. Tra i suoi molti interessi si possono trovare le opere pedagogiche, quelle per bambini, donne e fanciulli. In più, una vasta produzione teatrale, istituendo la sua scuola personale. Insomma, una donna dalle mille risorse e dai mille talenti, come le donne venete sanno essere.
Purtroppo, fu strappata alla vita troppo presto. Nel 1795 si sviluppò un tumore al seno, che i chirurghi dell’epoca provarono a operare. Ma si spense l’anno seguente, sommersa dai debiti, e fu sepolta nella chiesa di Santo Stefano, dove non vi è neppure una lapide che la ricordi.
