Per la CGIA di Mestre molti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori potrebbero trovarsi nella condizione di dover bloccare l’attività lavorativa a causa del green pass, perché non possono avvalersi dell’apporto di tecnici e operai altamente specializzati. Sono infatti 3,7 milioni i dipendenti del settore privato che non si sono ancora vaccinati
Molti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori sono preoccupati e sperano nell’effetto annuncio; ovvero che entro il prossimo 15 ottobre la gran parte dei 3,7 milioni di dipendenti del settore privato che non si sono ancora vaccinati lo facciano. Se ciò non dovesse avvenire, tante aziende potrebbero trovarsi nella condizione di dover bloccare l’attività lavorativa, perché impossibilitate ad avvalersi dell’apporto, in particolar modo, di tecnici e operai altamente specializzati che costituiscono l’asse portante di queste realtà. Lo dichiara l’Ufficio studi della CGIA di Mestre a seguito di un’analisi sull’impatto del green pass nelle realtà artigiane.
Per le aziende con pochi o pochissimi dipendenti, lo stop per uno di loro significa il fermo della produzione
Figuriamoci se, poi, fosse necessario sostituirli, così come prevede il decreto per le imprese con meno di 15 dipendenti: trovare alcune figure professionali, infatti, è da tempo un’ impresa quasi impossibile, soprattutto in alcune aree del Paese. Ricordiamo, altresì, che in Italia il numero degli addetti medi per azienda è pari a 4 (un titolare e 3 dipendenti). L’impossibilità di rimpiazzarne anche uno, implicherebbe al titolare dell’attività di non disporre per un determinato periodo di tempo di un terzo della forza lavoro. Insomma, per le aziende con pochi o pochissimi dipendenti, lo stop per uno di loro significa il fermo della produzione. Certo, per ottenere il certificato verde c’è la possibilità che, in alternativa al vaccino, il dipendente si sottoponga periodicamente al tampone; ma quanti saranno disposti a sostenere un costo mensile di almeno 180 euro al mese ?
Il problema, almeno in linea teorica, si pone, eccome, visto che a metà di questo mese erano 3,7 milioni i dipendenti privati non ancora immunizzati
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, le imprese più a rischio potrebbero essere quelle del settore metalmeccanico, dell’edilizia, del tessile e della calzatura, dove già ora molti posti di lavoro sono scoperti perché mancano i candidati.
Il problema, almeno in linea teorica, si pone, eccome, visto che a metà di questo mese erano 3,7 milioni i dipendenti privati non ancora immunizzati. Per tanti piccoli imprenditori, pertanto, rimpiazzare una parte di queste figure potrebbe non essere possibile. Un rischio che dobbiamo mettere in preventivo, anche se siamo convinti che per evitare che la curva epidemiologica torni a crescere – scongiurando così nuove chiusure e ulteriori limitazioni alla mobilità – è indispensabile allargare il più possibile la platea delle persone vaccinate.
La percentuale dei non “protetti” sul totale della categoria è pari al 25,1 per cento
Secondo i dati diffusi verso la metà di questo mese dal Governo Draghi, i lavoratori dipendenti del settore privato che si sono vaccinati ammontano a 11 milioni, mentre quelli che non l’hanno ancora fatto sono 3,7 milioni. Pertanto, la percentuale dei non “protetti” sul totale della categoria è pari al 25,1 per cento. Tra i disoccupati, invece, gli immunizzati sono 1,8 milioni, quelli che non lo hanno ancora fatto sono mezzo milione (21,7 per cento dei non vaccinati). Fra la popolazione inattiva, 10,8 milioni sono in possesso della certificazione verde, 2,7 milioni ne sono ancora sprovvisti (20 per cento del totale). I dipendenti pubblici in possesso del green pass, invece, sono 2,9 milioni, quelli senza poco più di 400mila (tasso dei non vaccinati è al 12,1 per cento).
Chi controlla i lavoratori in nero?
L’Ufficio studi della CGIA segnala un’ altra categoria che il certificato verde non riuscirà a “intercettare”: ovvero i lavoratori irregolari. Ebbene, chi controllerà il lasciapassare alle centinaia e centinaia di migliaia di finti artigiani che ogni giorno si recano abusivamente nelle abitazioni degli italiani per aggiustare un rubinetto, cambiare la serratura, fare una messa in piega o sostituire una tapparella? In Italia, ricordano gli artigiani mestrini, il numero dei lavoratori in nero è di poco superiore ai 3,2 milioni. Sono persone che arrotondano le magre entrate per qualche ora o per l’intera giornata lavorando in maniera irregolare: vale a dire senza versare imposte e contributi previdenziali. Oltre 1,2 milioni è ubicato al Sud, quasi 781mila a Nordovest, quasi 724mila nel Centro e poco più di 525mila nel Nordest. Le regioni che ne contano di più sono, ovviamente, quelle che registrano il numero di abitanti più elevato, ovvero la Lombardia con 504.300 unità, il Lazio con 421.100 e la Campania con 361.200.
