La storia dei cavalli di bronzo simbolo della Basilica di San Marco, nati in Grecia, esaltati a Costantinopoli, innalzati a Venezia, deportati a Parigi e ritornati di nuovo in Laguna. Per scomparire a causa delle guerre e infine riposare al Museo Marciano
Quando i quattro cavalli di bronzo sono emersi dal loro stampo, probabilmente non pensavano di dover fare tanta strada. La quadriga che veniva dalla Grecia per poi adornare l’ippodromo di Costantinopoli fu però animata dallo spirito della storia. Dopo aver incarnato il simbolo imperiale d’Oriente, il destino li ha condotti via mare fino alla Serenissima.
Era il 1204, fautore dello spostamento il Doge Enrico Dandolo, che li fece riparare all’Arsenale prima della collocazione sopra il portale della Basilica di San Marco, uno dei luoghi simbolo di Venezia. I cavalli seguirono mansueti le navi del Doge come bottino di guerra della IV Crociata, dopo l’assedio della ex capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Un destino che si sarebbe ripetuto seicento anni dopo.
Ma andiamo con ordine.
L’origine dei Cavalli di San Marco, greca o romana? Una questione di rame
Come accade spesso agli oggetti totemici, l’origine della nascita delle statue dei cavalli è incerta. O meglio, non è accertata completamente, in quanto desunta dalla composizione della lega che dà loro sostanza. Non meno misterioso, di conseguenza, l’autore: si sono fatti i nomi illustri di Fidia e Lisippo, o il riferimento a qualche epigono di età ellenistica o romana. Per un periodo si consolidò l’attribuzione dei cavalli come opera romana tarda o quanto meno della media età imperiale.
Nell’incertezza, un punto pare essere stato fissato grazie alla composizione dei cavalli: la prevalente presenza di rame indicherebbe l’origine greca. I romani infatti prediligevano leghe con una maggiore presenza di piombo. Ma, ovviamente, la lega dei Cavalli di San Marco è del tutto peculiare rispetto alla media dei campioni greci, lasciando aperti spiragli di mistero. Per semplificazione, assumeremo la loro origine come greca e, fra le datazioni possibili all’interno del periodo, quella del IV secolo avanti Cristo.
Nascono come corpi senza testa, cavalli decapitati a cui vengono unite le teste tolte dalla scacchiera di bronzo della fonderia. Due pezzi ciascuno quindi, corpo e testa, uniti insieme. Alla forma così composta, viene dato un abito dorato. Quasi otto secoli dopo lasciano la Grecia per arrivare a Costantinopoli, dove trovano il proprio piedistallo all’ippodromo, centro nevralgico della città. E’ lì che Enrico Dandolo li ammira altri otto secoli dopo, come ambasciatore di Venezia presso la nuova Roma. E’ lì che il Doge, assunti i panni del crociato, ne prenderà le briglie nel 1204 per portarli a Venezia.
Il viaggio da Costantinopoli a Venezia: un rito di successione del potere
A Costantinopoli i cavalli vegliano altri cavalli. Dall’epoca di Teodosio la quadriga dorata è posta sulla torre dei carceres, sopra la porta di ingresso dell’ippodromo, a spronare la partenza dei carri pronti alla gara. Il luogo non è appannaggio di scommettitori dell’ippica, ma è un luogo simbolo di unione fra potere e popolo. Cuore pulsante della vita della città, qui presenziava l’imperatore alle cerimonie sportive e sociali, qui venivano prese anche decisioni politiche. Sotto lo sguardo ieratico dei cavalli di bronzo.
La loro importanza è quindi manifesta, custodi del posto d’onore sulla vita potente della città. I veneziani lo sanno, a Costantinopoli sono di casa, o in missione per conto della propria casa. Venezia e Bisanzio si guardano attraverso lo specchio del mare, e come il mare i loro rapporti conoscono calma piatta e burrasca. Enrico Dandolo le onde fra le due sponde le conosce bene, le vive, lo segnano. Sarà lì commerciante, ambasciatore e, infine, crociato. In quest’ultima veste conquisterà la città. A Costantinopoli lascia la vista – e lascerà la vita – ma la quadriga dorata si vede anche senza occhi.
La spoliazione dei cavalli nel 1204 è un rito di successione. Quelle statue hanno una storia e un’anima imperiale, che Venezia assume impadronendosene e mettendole sotto le insegne di San Marco; in un passaggio simbolico del testimone di nuova capitale d’Oriente. O meglio, di portale fra questo e l’Occidente. La quadriga viene nascosta nell’Arsenale, dove riposa cinquant’anni prima di essere issata sopra la porta della Basilica di San Marco. Da qui troneggerà la storia della Serenissima, da un punto di vista privilegiato come già fatto a Costantinopoli. Bramata dai nemici, qui verrà ammirata un secolo dopo da Francesco Petrarca, ammaliato dal suo “vigore”. Ma i cavalli, ormai di San Marco, non resteranno a Venezia per sempre, perché una nuova volontà imperiale li farà muovere per attraversare ancora la storia.
