Sono passati quarant’anni dal duplice omicidio commesso dalla “Banda Ludwig” a Vicenza, nel quale morirono due monaci
Si chiamavano Wolfgang Abel e Marco Furlan ed erano la cosidetta Banda Ludwig. Il gruppo esoterico fondato a Verona operò tra il 25 agosto 1977 e l’8 gennaio del 1984. Si macchiarono di vari omicidi perpetrati in Triveneto, in Germania e nei Paesi Bassi, rivendicati con volantini scritti in caratteri runici e firmati con lo pseudonimo Ludwig.
20 luglio 1982
Tra le ore 20.30 e le ore 20.45 del 20 luglio 1982, mentre passeggiavano insieme lungo la via Gen. Cialdini, a Vicenza, due religiosi: Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato, appartenenti alla comunità del santuario di Monte Berico, furono barbaramente uccisi a martellate.
Una brutale aggressione
Non furono rinvenute impronte papillari sugli oggetti trovati sul luogo del delitto, né gli stessi oggetti si rivelarono utili per l’individuazione dei colpevoli. Dalla perizia medico-legale, risultò che Lovato era deceduto immediatamente sul posto dell’aggressione. Il Pigato morì invece intorno alle ore 02 del 21 luglio presso l’ospedale di Vicenza. La morte di entrambi si verificò per arresto cardiocircolatorio, in conseguenza delle gravissime lesioni cerebrali riportate.
I martelli della morte
Le ferite mortali furono provocate da corpi contundenti dotati di particolari caratteristiche. Gli inquirenti sospettarono fin da subito che ad aver provocato la morte dei due religiosi furono due grossi martelli trovati sul luogo del delitto. Furono escluse tracce di omosessualità sui corpi delle vittime, escludendo il delitto passionale o legato a uno stupro. Secondo il perito, le vittime furono colpite contemporaneamente, all’improvviso, da almeno due diversi aggressori, e non furono in grado di difendersi.
La testimonianza di Rossi Federica
Nel corso delle prime indagini la polizia giudiziaria raccolse varie testimonianze attinenti alla zona circoscritta del delitto. La sera del 20 luglio, verso le ore 19.45, Rossi Bertolaso era appena uscita dal santuario di Monte Berico. Notò tre giovani, tra i 20 e i 25 anni, seduti sul muretto situato di fronte alla strada dove furono assassinati i due religiosi. Uno dei giovani aveva due borse di plastica, una scura e l’altra bianca. La teste dichiarò che le suddette borse erano simili a quelle trovate sul luogo del delitto. I giovani erano di costituzione magra, con una statura di 170/175 cm. Uno aveva capelli scuri, mossi, lunghi fino alle spalle. Un’altro capelli castano chiari, lunghi e mossi, folta barba e baffi. il terzo giovane aveva capelli scuri, ed era invece pettinato con riga centrale.
La testimonianza di Lucano Danilo
Mentre si trovava nell’orto della propria abitazione al civico n. 40 di via Gen. Cialdini, Lucano Danilo vide scendere lungo la strada, in direzione di Gogna, due giovani, alti con andatura spedita. Stando alla testimonianza i due erano di normale corporatura e di circa 160/170 cm di altezza. Uno dei giovani sembrava di età compresa tra i 20 e i 22 anni, con capelli scuri e corti. L’altro, sui 18 – 20 anni, aveva invece capelli biondi o castano-chiari, ricci od ondulati, lunghi fino alle spalle. I due giovani correvano passando dinanzi al cancello dell’abitazione di Lucano, in cui al momento si trovava con i due suoi figli.
Le testimonianze di Gianni Mazzini
Un altro testimone, Gianni Mazzini, da una finestra del secondo piano del convento di Monte Berico, vide Lovato e Pigato procedere in direzione del museo. Erano le ore 20,10 del 20 luglio. A breve distanza da loro, due giovani stavano seduti sul muretto di fronte all’inizio di via Cialdini. I due giovani seduti sul muretto furono notati anche dalla suora Peron Elisa verso le ore 20 dello stesso giorno.
La testimonianza di De Pretto
De Pretto Giovanni Battista riferii, invece, sull’abitudine dei due confratelli uccisi di fare una breve passeggiata serale comprendente anche il passaggio per via Cialdini. La preferenza di tale strada era dovuta proprio per la scarsa circolazione automobilistica e la minore rumorosità.
La rivendicazione all’ANSA
A tre giorni dal duplice omicidio, il 23 luglio 1982, alla redazione dell’ANSA di Milano giunse il messaggio di rivendicazione del Gruppo Ludwig. Come i precedenti volantini della banda, anche questo manifesto era scritto in caratteri runici.
“LUDWIG DOPO IL ROGO DI S. GIORGIO A VERONA HA COLPITO DI NUOVO A VICENZA SUL MONTE BERICO SIAMO GLI ULTIMI EREDI DEL NAZISMO IL FINE DELLA NOSTRA VITA E’ LA MORTE DI COLORO CHE TRADISCONO IL VERO DIO GLI AUTOADESIVI CHE ALLEGHIAMO COMBACIANO ESATTAMENTE CON QUELLI APPLICATI SUI MANICI DEGLI STRUMENTI USATI GOTT MIT UNS“
Il messaggio era contenuto in una busta recante il timbro postale «Brescia Ferrovia 27.7.1982». Le parti di autoadesivo allegate combaciavano perfettamente con quelle trovate sul manico dei martelli usati per l’uccisione dei due religiosi.
Zingari, preti e discoteche
Al delitto di Monte Berico seguirà, pochi mesi dopo, l’uccisione con modalità brutali di un altro religioso a Trento. Nella prima fase la Banda Ludwig si era dedicata principalmente alla “pulizia etnica” di prostitute, gay e zingari. Arrivarono poi gli omicidi di natura religiosa anti-cattolica, con l’eliminazione di preti come i due religiosi di Vicenza. Mentre nell’ultima fase la banda passerà alle stragi in luoghi di “divertimento di massa”. Luoghi giudicati da Ludwig: “corrotti e depravati”, come cinema, locali erotici, discoteche, etc.
Non ideologia ma Serial Killer
Ben distanti dai caratteri tipici della destra ideologica italiana, gli assassini della Banda Ludwig rientrano anzi perfettamente nel più lucido profilo del serial killer. Omicidi mirati e studiati al dettaglio. Una ricerca costante di vittime da sacrificare sull’altare dell’anti-modernità, ma al contempo della modernità stessa. Rimasti ormai intrappolati dalla fama che, la macchina di morte da essi creata, procurava loro sempre nuovi elementi ed emozioni per l’accrescere del proprio ego.
Andrea Bonazza

