Continua a far discutere la vicenda dell'”alpino marocchino”
Karim Akalay Bensellam dice che fin da bambino ha sempre sognato la divisa dell’Esercito italiano. Ha frequentato l’accademia di Modena, la scuola d’addestramento a Torino, fino ad essere infine destinato a Belluno. Ha fatto carriera diventando il primo ufficiale degli Alpini ad avere origini maghrebine. Al Settimo Reggimento, il capitano Bensellam, sotto di lui aveva una truppa di 120 uomini. Ad Aosta venne promosso maggiore e durante le missioni in Afghanistan il ruolo di uomo di contatto con gli autoctoni.
I litigi in caserma
L’alpino marocchino, però, non sempre è andato d’accordo con i suoi commilitoni. Oggi la Cassazione ha condannato un sottoufficiale a un anno e tre mesi di reclusione militare per il reato di diffamazione continuata. Il reato, inoltre, è per il tribunale accentuato dall’aggravante «dell’avere commesso il fatto per finalità di discriminazione, di odio etnico, nazionale e razziale».
Si conferma quindi la sentenza della Corte militare d’Appello di Roma. Già a gennaio 2021 vi fu la stessa condanna nei confronti di un sergente maggiore di Canicattì effettivo al Settimo Reggimento Alpini. Ora i giudici possono rivalutare l’opportunità di concedere al soldato la sospensione condizionale della pena.
Attriti tra militari
Dalla fine del 2014 alla prima metà del 2017, i litigi tra i due militari sono diventati sempre più frequenti. A seguito di alcuni litigi finì sotto processo anche l’alpino marocchino, l’accusa di aver aggredito il sergente. Il tutto si concluse inizialmente con un proscioglimento per «particolare tenuità del fatto». Alcuni altri militari però riferirono di insulti razzisti tra i due.
Razzismo o sfottò?
Di seguito alcune delle frasi imputate dall’accusa. “Sto marocchino di m. gliela farò pagare in un modo o nell’altro”. “Sto marocchino non è degno di stare nell’esercito italiano”. “Ha rubato un posto in Accademia a un italiano”. “È un meschino”. Nonostante il sergente ha negato ripetutamente la natura razziale dei dissapori, la Cassazione ha preferito credere alle quattro testimonianze contro di lui.
Aldo Marzio

