Le dimissioni volontarie hanno riscontrato, in Veneto, un aumento pari al 50% rispetto allo scorso anno. Voglia di cambiare vita?
La crisi del lavoro in Veneto si aggrava con un boom di dimissioni volontarie. La discussione viene aperta da Luigi Sposato, fondatore e presidente dell’agenzia per il lavoro Eurointerim di Padova. «Sono convinto che se, a parità di stipendio, nelle aziende si lavorasse sette ore al giorno anziché otto, alla fine cambierebbe poco» sostiene.
Il giorno successivo al lancio del report di Veneto Lavoro è emerso un significativo aumento di tutte quelle persone che, pur con un contratto a tempo intererminato, stanno lasciando l’impiego. Si tratta di 66.300 addetti che hanno deciso, di propria iniziativa, di lasciare il lavoro. Un aumento del 50% rispetto a un anno fa.
Dietro le dimissioni volontarie possono esserci o un lavoro migliore, oppure la volontà di cambiare vita
Va considerato che ci sono state 208.600 assunzioni a inizio anno, ovvero il 68% in più rispetto al 2021. Si può quindi leggere in questa statistica, da un lato la volontà di cambiare il proprio stile di vita, dall’altra il fatto che chi si licenzia lo fa perché ha già un posto in cui andare, a condizione migliori.
Il mondo del lavoro, quindi, sembra quasi essere in una forte fase espansionistica, in cui però mancano le figure tecniche sono sempre impossibili da trovare. Inoltre, il covid ha dato un forte impulso nel voler cambiare il proprio stile di vita.
Lo smartworking è diventato sempre più importante per il lavoratore
«Parlo in senso generale dell’importanza di conciliare il più possibile i tempi di vita e di lavoro. Anche noi oggi adottiamo criteri di flessibilità più accentuati rispetto a prima della pandemia» sostiene Sposato.
Un altro cambiamento riguarda lo smartworking. Le persone durante i colloqui sono più interessati a sapere se è previsto o meno, che a quanto sia la retribuzione. Con il calo demografico, poi, e la mancanza di figure professionali si arriva a una situazione in cui il lavoratore ha il coltello dalla parte del manico.
Servono sempre più competenze per compensare le dimissioni volontarie servono assunzioni qualificate
«Quando il lavoratore è consapevole di avere conoscenze, capacità e competenze le probabilità di cambiare impiego non appena subentri l’insoddisfazione aumentano. E questo si accentuerà ancor più con l’avanzare della crisi demografica: ci saranno sempre meno persone a fronte di un aumento delle posizioni da occupare. Paradossalmente per la mano d’opera di oggi il posto fisso più che un punto di arrivo sta diventando un limite». Sempre Sposato.
A questo punto alle aziende non resta che capire come cambiare. Per esempio rendendosi più evolute possibile, per poter attirare chi sta studiando quelle specializzazioni che mancano, tanto importanti per un mercato di lavoro in crisi che non riesce a trovare manodopera. Perché i giovani hanno capito che cosa serve sul mercato, e stanno studiando di conseguenza.
