Ai nostri antenati non sarebbe mai venuto in mente di trascorrere una giornata al mare a prendere il sole. Ecco quando è nata questa usanza
Vi siete mai chiesti cosa penserebbe un nostro avo nel vederci crogiolarci al sole e fare avanti e indietro dall’acqua per giorni? Probabilmente ci avrebbe presi per pazzi. Infatti, le vacanze al mare come le conosciamo e le viviamo noi sarebbero state qualcosa di inconcepibile fino al ‘900.
In passato il mare era unicamente una via commerciale, non certo un luogo in cui stare in villeggiatura. Anzi, possiamo dire che un tempo per quanto il mare abbia sempre ispirato poeti e pittori, ci si concentrava molto di più sugli aspetti pericolosi delle sue onde…
Ma scopriamo quando sono nate le vacanze al mare come le intendiamo noi e perché.
L’usanza di andare al mare per rilassarsi ha radici storiche profonde che risalgono a diverse epoche e culture. L’evoluzione di questa pratica ha subito trasformazioni significative nel corso dei secoli, fino a diventare una delle attività di svago più popolari nel mondo contemporaneo. Vediamo come si è evoluta nelle diverse epoche.
Nell’antichità, le civiltà greca e romana avevano già iniziato a sviluppare un’apprezzamento per i benefici delle attività vicino al mare.
Gli antichi greci praticavano la talassoterapia, utilizzando l’acqua di mare a scopo curativo. I romani, d’altra parte, costruivano sontuose ville lungo le coste mediterranee, come dimostrano gli scavi di Pompei ed Ercolano, dove si recavano per godere dei benefici climatici e delle acque termali.
Durante il Medioevo, tuttavia, l’interesse per il mare come luogo di svago diminuì significativamente. Il mare era spesso visto come un luogo pericoloso, associato a tempeste, pirati e creature marine spaventose.
Durante il Seicento i medici cominciarono a parlare dell’efficacia curativa delle acque termali. E per la prima volta, immergersi in acqua, per i nostri antenati cominciava a diventare qualcosa di piacevole e non di potenzialmente pericoloso per la salute. Sappiamo che non si trattava di acqua di mare ma è stato un primo passo, anzi un primo bagno.
Così attorno agli stabilimenti termali cominciarono a nascere le prime attività dedicate ad accogliere le persone che vi si recavano per stare meglio. Jane Austen ce li racconta per bene nei suoi scritti.
Poi i medici cominciarono anche a decantare l’acqua del mare, sostenendo che con le sue temperature fredde fosse la cura perfetta per la malinconia.
I primi che decisero di andare al mare per rilassarsi furono gli inglesi, nel ‘700 precisamente a Brighton, nel sud dell’Inghilterra.
Questo perché, in seguito alla rivoluzione industriale, le persone sentivano l’esigenza di allontanarsi all’aria inquinata della città e godersi una boccata d’aria pulita: ecco che la spiaggia con il suo profumo di salsedine diventò la candidata ideale.
Nell’800, con l’avvento del Romanticismo, il mare e di conseguenza la spiaggia, diventa un luogo amico, fonte d’ispirazione e di riflessione, in cui ritrovare sé stessi. Vi basti pensare alla quantità di quadri in cui compare, a tratti minaccioso, ma immersivo e totalizzante. Come se, improvvisamente, le onde del mare si fossero trasformate nell’inconscio umano da esplorare.
Il concetto di vacanza nella natura esisteva da tempo, infatti i nobili delle città europee se ne andavano nella loro tenuta di campagna per gran parte dell’estate, preferendo stare in villeggiatura e dimenticarsi di ogni dovere per mesi. Gli Inglesi, tuttavia, si dimostravano più aperti all’idea di trascorrere vacanze in case non loro o in camere d’albergo.
I primi a spaparanzarsi al sole in estate in gran numero furono i borghesi, ed è grazie a loro se le località balneari cominciarono a godere di un enorme successo nel 700 e ad attrezzarsi sempre di più per garantire ogni tipo di comfort che l’epoca storica poteva garantire. Parliamo però più di località balneari e non tanto di spiagge.
Infatti, inizialmente si stava in spiaggia per passeggiare ma si trascorreva il tempo nel centro urbano. Solo nell’ 800 le spiagge cominciano a diventare le vere protagoniste, ma i bagnanti si bagnavano poco e preferivano rimanere vestiti di tutto punto con un libro in mano.
Il primo stabilimento balneare italiano è stato costruito a Viareggio nel 1827, per poi comparire a ruota a Rimini, Livorno, Venezia, in Liguria, a Napoli e a Palermo. Ma la mentalità da mare che abbiamo noi oggi cominciò a diffondersi solo negli anni ’50 e ’60 del Novecento, ovvero cominciò a fare capolino l’aspetto più ludico del mare. Basta acqua terapeutica o luogo simbolico per mostrare il proprio status sociale, ma semplice divertimento.
Intere famiglie a bordo di vecchie 500 sfrecciavano (si fa per dire) verso le località di mare armadi di sdraio e ombrelloni che, con tutta probabilità, fuoriuscivano dal bagagliaio per trascorrere qualche giornata a prendere il sole e fare il bagno.
Italia e Francia si contendevano il primato europeo di meta estiva, e le persone cominciarono a capire che svestirsi poteva essere utile se volevano sperare di abbronzarsi e godersi a pieno una nuotata.
Il bikini è nato ufficialmente il 5 luglio 1946, grazie al designer francese Louis Réard, che in realtà era un ingegnere meccanico che aveva ereditato il negozio di lingerie della madre e decise di creare un costume da bagno che fosse più audace rispetto ai modelli dell’epoca.
Il bikini è diventato un simbolo di emancipazione per le donne, che in spiaggia potevano mettersi comode senza patire il caldo in strati di vestiti del tutto non necessari per la vita da spiaggia.
Pensate che nel XIX secolo, le persone andavano in spiaggia con costumi da bagno che in realtà erano abiti completi, in grado di coprire tutto il corpo. Il vero lusso era per gli uomini che invece sfoggiavano pantaloni al ginocchio per gentile concessione del decoro. Piano piano la quantità di tessuto ha iniziato a diminuire fino ad arrivare ai giorni nostri e alle spiagge nudiste.
Ora sapete che il turismo balneare è qualcosa di relativamente recente e che, probabilmente, se per qualche scherzo temporale, un vittoriano ci vedesse prendere il sole in un bikini striminzito o ci vedesse tuffarci da uno scoglio per divertimento, morirebbe d’infarto nel giro di un secondo.
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