Il ministero del Lavoro ha annunciato di aver presentato alcune misure per contrastare il caporalato e il lavoro irregolare nel settore dell’agricoltura
Nelle campagne siciliane ci sono circa 61mila lavoratori coinvolti nel lavoro nero e lavoro sfruttato e 12mila di loro sono donne. Il rapporto “Agromafie e caporalato”, pubblicato dall’osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, ha rivelato che nei campi italiani vengono sfruttate circa 230mila persone, un quarto di tutti i braccianti. Le regioni in cui vi è l’incidenza maggiore di lavoro irregolare sono la Puglia, la Sicilia, la Campania, la Calabria e il Lazio, dove il 40% dei lavoratori ha un contratto irregolare o addirittura non ne ha per nulla.
Nel rapporto sullo sfruttamento lavorativo e sulla protezione delle sue vittime viene evidenziata “una progressiva riduzione della forbice tra i casi del Nord e del Centro con quelli del sud Italia (almeno a partire dal 2020) con un’inversione di tendenza registrata negli ultimi anni rispetto al passato, quando la somma dei casi di sfruttamento del Nord e del Centro a malapena raggiungeva il totale dei casi del solo Meridione”.
“Se, ad esempio, nel 2017 i casi di sfruttamento rilevati complessivamente al Centro e al Nord (17 casi) erano addirittura inferiori ai casi rilevati solo al Sud (24 casi), nel 2020 l’agglomerato dei dati del Nord e del Centro (93 casi) supera di gran lunga quelli relativi al Sud (58 casi). Il trend trova conferma anche nel 2023, dove su 124 casi di sfruttamento rilevati dal Laboratorio, le regioni del Centro e del Nord totalizzano 69 casi di sfruttamento, superando i 55 casi di sfruttamento registrati al Sud. Il lavoro irregolare è presente anche in molte regioni del Nord con una percentuale leggermente più bassa (tra il 20 e il 30%)“, continua la nota.
Nel documento si legge ancora: “L’attenzione allo sfruttamento lavorativo è nata quando questo era percepito come un fenomeno relativo al settore agricolo nell’Italia meridionale, poi soprattutto grazie al riformulazione dell’art. 603 bis c.p. nel 2016 piano piano
c’è stato un “cambio di passo” degli inquirenti e degli organi ispettivi nell’approccio allo sfruttamento che è stato progressivamente visto come una pratica produttiva non più prettamente attinente al settore agricolo meridionale, ma diffusa in modo capillare in tutti i settori economici di tutte le regioni del Paese“.
Il ministero del Lavoro ha annunciato di aver presentato alcune misure per contrastare il caporalato e il lavoro irregolare nel settore dell’agricoltura. L’obiettivo è favorire la condivisione di informazioni tra gli enti locali, le forze dell’ordine e le organizzazioni nazionali come INPS e INAIL. Nello specifico saranno assunti 514 nuovi ispettori che dovranno verificare che i braccianti siano assunti con contratti regolari e, nel caso siano stranieri, che abbiano i permessi per lavorare in Itali.
La Sicilia “fa la sua parte”, ha specificato l’assessore al Lavoro della Regione Siciliana, Nuccia Albano, che ha parlato del progetto “P.I.U. Su.Pr.Eme.” finanziato dall’Unione Europea per combattere il caporalato in Sicilia. Le misure messe in atto hanno lo scopo di favorire “l’integrazione socio-lavorativa dei migranti” e di contrastare lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. “L’Helpdesk Anticaporalato è un servizio multicanale, multilingue e specialistico che, attraverso un numero verde (800 939 000), un messaggio WhatsApp (350 909 2008) o i canali social, raccoglie segnalazioni e denunce di lavoratori stranieri sfruttati, guidandoli verso una rete di servizi di tutela legale. Attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 18.30, il servizio risponde in quindici lingue, tra cui italiano, inglese, francese, arabo, pidgin, edo, benin, wolof, mandingo, fula e pular, pashto, urdu, punjabi e hindi”, ha spiegato la Regione.
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