Dalla definizione coniata dal giurista Raphael Lemkin ai tristi esempi nella storia moderna. Segre parla di “bestemmia utilizzare quella parola collegata a quanto sta facendo Israele”, per il presidente Usa: “Rifiutiamo di associarla a Gaza”
Il termine genocidio è un’invenzione relativamente moderna, emersa nel contesto tragico dei regimi totalitari del XX secolo. Fu coniato durante la Seconda guerra mondiale da Raphael Lemkin, un giurista ebreo-polacco, che sentì l’urgenza di dare un nome e una definizione a un crimine che stava raggiungendo nuovi e orribili livelli di sistematicità e brutalità. Lemkin definì il genocidio come un “piano coordinato di differenti azioni mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l’intento di annientarli”. Questo concetto non solo ha evidenziato l’importanza della preservazione dell’identità culturale e biologica dei gruppi, ma ha anche messo in luce l’intenzione deliberata di cancellare tali gruppi dalla faccia della terra.
Quando si parla di genocidio è immediato il riferimento alla Shoah, lo sterminio degli ebrei d’Europa da parte della Germania nazista. Questo evento non solo ha plasmato la definizione legale e il concetto di genocidio, ma è anche diventato il paradigma contro cui tutti gli altri genocidi vengono misurati. La Shoah è stata caratterizzata da un livello di pianificazione e industrializzazione della morte senza precedenti, con la creazione di campi di concentramento e di sterminio progettati come vere e proprie fabbriche della morte. Come ha osservato Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz e senatrice a vita italiana, “La Shoah è stato un massacro pianificato da uno stato totalitario, con la creazione di apparati di distruzione di massa, l’organizzazione industriale dello sterminio e la diffusione di campi di internamento come fabbriche della morte”. Le parole di Segre sottolineano la dimensione unica e l’orrore di questo genocidio.
Tuttavia, il genocidio non è un fenomeno limitato alla Shoah. Lungo tutto il XX secolo, altri episodi di violenza di massa su popolazioni civili hanno sconvolto il mondo. Il genocidio armeno durante la Prima guerra mondiale è un esempio tragico di omicidio di massa perpetrato su basi ipernazionaliste. Similmente, gli omicidi di massa in Unione Sovietica, Cina, Corea del Nord e Cambogia rivelano un’altra faccia del genocidio, quella dei regimi totalitari comunisti che hanno perseguito politiche di epurazione sociale e di distruzione delle classi o dei gruppi considerati nemici dello Stato.
Lemkin stesso aveva notato che la distruzione dell’identità di un gruppo e il suo annientamento fisico ricorrono frequentemente nella storia universale, ma le misure adottate dai nazionalsocialisti rappresentano un’estrema forma di “tecniche di genocidio”. Queste misure includevano non solo l’omicidio fisico di milioni di persone, ma anche l’annientamento della loro identità culturale attraverso politiche sociali, culturali, economiche e religiose. In questo contesto, il genocidio può essere visto come un crimine contro l’umanità nel senso più profondo del termine, poiché non si tratta solo di uccidere individui, ma di distruggere le fondamenta stesse della vita di un gruppo nazionale.
Il concetto di genocidio continua a essere rilevante anche oggi ovviamente con quanto sta avvenendo in Palestina. Durante una commemorazione della Shoah, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sottolineato l’importanza di ricordare e riconoscere i genocidi per evitare che si ripetano. Biden ha detto: “Dobbiamo essere vigili contro l’odio e l’intolleranza sotto qualsiasi forma. Ricordare gli orrori del passato è essenziale per evitare che si ripetano in futuro”. Le sue parole riecheggiano un monito universale: la memoria storica e la consapevolezza sono strumenti cruciali per prevenire future atrocità.
Il presidente usa ha poi definito “oltraggiosa” la decisione del procuratore della Corte penale internazionale di richiedere il mandato di arresto per crimini contro l’umanità per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, mettendoli di fatto sullo stesso piano del leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, e il capo dell’ala militare di Hamas, Mohammed Deif. Il segretario di Stato Antony Blinken parla di scelta «vergognosa». E dal Consiglio per la Sicurezza nazionale il portavoce John Kirby dice che è «ridicola l’equivalenza fra Hamas e Israele».
Intervenuto al Jewish American Heritage Month alla Casa Bianca, Biden ha continuato a difendere Israele, spiegando come non ritenga ciò che sta accadendo a Gaza “un genocidio, lo rifiutiamo”. Il leader dei democratici continua a sostenere la tesi di Israele vittima dopo l’attacco del 7 ottobre, specificando come il Paese sia “al fianco di Israele per eliminare Sinwar e il resto dei carnefici di Hamas. Vogliamo che Hamas venga sconfitto. Stiamo lavorando con Israele perché ciò accada». Sui negoziati per una prospettiva di pace, nel tentativo di ottenere la libertà di malati, anziani e feriti in ostaggio ancora detenuti dai militanti sono in fase di stallo, ma la volontà di Biden è di “portarli a casa, costi quel che costi”.
Ma torniamo a Segre, che all’interno del convegno L’aumento e il cambiamento dell’antisemitismo dopo il 7 ottobre, evento tenutosi a Milano nella serata di ieri, ha espresso il suo parere sul termine genocidio, specificando: “Non usiamo questa parola che è veramente spaventosa, un confronto simile diventa una bestemmia. Devo dire la verità, io ho accettato subito questo invito fatto tempo fa, ma non credevo di arrivare qui così triste e pessimista, sconvolta dai fatti che già conoscevo e qui sono stati ben espressi e spiegati”.
“Perché a distanza di tanti anni da quando ho cominciato ad andare nelle scuole e nelle università, quando i ragazzi mi ascoltavano e facevano domande anche molto interessanti, che aprivano in me nuovi orizzonti, capisco con me stessa che non esistono parole per raccontare la Shoah”, ha spiegato ancora la senatrice a vita, “mi chiedo dove trovo le parole per giustificare in qualunque modo cosa si possa fare oggi quando la gioventù ignorante della storia, perché sono veramente pochi quelli che la studiano, va nelle università a gridare?”.
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