Uno tsunami d’indignazione: così hanno reagito gli utenti alla foto postata dall’assessore al Lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan. Pubblicata sul suo profilo Facebook, l’immagine ritrae due turisti sui gradoni del Sacrario Militare del Monte Grappa. Sono distesi a prendere il sole, a pochi metri dai loculi dei quasi 23.000 soldati italiani caduti durante la prima Guerra Mondiale presenti o ricordati nel sito. Lei ha lo zaino dietro la nuca a farle da cuscino e le gambe alzate e incrociate. Lui, con le braccia conserte sul petto, pare dormicchiare placido. Come fossero in spiaggia, sereni e tranquilli. Un’altra incredibile mancanza di rispetto per un luogo sacro. Gli scorsi inverni le pendenze dell’Ossario erano state usate addirittura come piste da snowboard. L’assessore Donazzan si abbandona alla solita deriva forcaiola che a destra tanto calma le coscienze, chiedendo di ingrandire l’immagine per individuare le due persone. “Vorrei avere un’immagine più nitida per poter vedere le facce di questi che in un cimitero di guerra, un luogo sacro dove riposano 22.950 caduti, si mettono pure a prendere il sole…Ma cos’hanno nella testa? Vorrei tanto questi individui venissero presto riconosciuti e chiamati a scusarsi per le loro azioni! Una condotta inaccettabile, un affronto a chi ha sacrificato la propria vita per la nostra Patria!”.
Tutto giusto, per carità. Ma saranno la berlina o al più una multa a far da protesi ad un’evidente amputazione etica e quindi dell’anima? O ci si dovrebbe chiedere piuttosto perché le persone si comportino come trogloditi in un luogo reso sacro non tanto e non solo dalla metafisica del completamento del processo risorgimentale, metafisica oggi irrisa e dileggiata, ma perlomeno dalla brutale fisica del sacrificio tramite morte di 651.000 nostri ragazzi, di cui 22.950 lì tumulati? Perché avviene e perché adesso e sempre più spesso? E la risposta a questa domanda è molto semplice: perché nessuno insegna più quell’etica. Semplice. Anzi, da decenni assistiamo alla demolizione sistematica di quello che qualsiasi altro popolo considererebbe un proprio mito fondante, proprio in virtù del carattere apocalittico di quell’evento. Un’opera di erosione sistematica, condita dal corollario che ognuno di noi conosce: guerra stupida, guerra sbagliata, che schifo l’unità d’Italia, epoca di gente inconsapevole, condotta brutale dei comandi, morti inutili. Come se a sentirsi definire così, quei morti non verrebbero a prendervi di notte. Un processo revisionista portato avanti scientificamente, perché sino a pochi decenni fa non era così. La vittoria veniva ricordata, si insegnava nelle scuole, i bambini cantavano La Canzone del Piave. Oggi no, viene dileggiata. Ci si vergogna della vittoria nella Prima Guerra mondiale, viene celebrata come liberazione l’invasione anglo-americana nella Seconda. Che Nazione strana che siamo. Gramsci was right.
Quindi ha poco da stupirsi la Donazzan, se poi a Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, viene permesso di presentare un farneticante progetto di legge regionale in cui viene istituita la giornata del ricordo per i fucilati. Disertori, ladri, stupratori, codardi. Nella psicologia di Ciambetti le sua attenzioni non vanno a chi si sacrificò, ma a chi all’epoca fu giudicato empio. Viva Efialte, per Ciambetti. Il tutto basandosi sull’assunto che il giudizio di allora fosse ingiusto e sbagliato. Ecco cara Donazzan, è questa l’opera sistematica di demolizione di un mito e dell’etica ad esso correlata che porta la gente a fare il picnic in un tempio di cui oggi ci si vergogna.
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