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Marmolada, intervista all’alpinista Riccardo Bergamini: “Seracchi pericolosi sempre”

A poche ore dalla tragedia della Marmolada vi riportiamo questa intervista al famoso alpinista Riccardo Bergamini, in controtendenza rispetto ai catastrofisti del clima

Dall’Asia al Sud America, dall’Africa all’Europa, Riccardo Bergamini ha scalato parte dei tetti del mondo apprendendo le problematiche della montagna. Dalla mancanza di ossigeno alle temperature glaciali, fino ai fenomeni atmosferici legati a venti caldi e scioglimento dei ghiacci. La tragedia di domenica sulla Marmolada, che Riccardo ha scalato più volte, si poteva evitare?

Riccardo Bergamini, scalando la Marmolada hai mai avuto sentore di pericoli come quello di domenica?

Riccardo Bergamini: Ho salito più volte la Marmolada in tutte le stagioni. Salite da più versanti, con la presenza di neve dal parcheggio delle macchine presso il lago Fedaia o in condizioni simili (di solito si trovano a fine estate) a quelle presenti in questi giorni. Il sentore che mi crollasse un seracco all’improvviso addosso non lo ho mai avuto. Altrimenti nessuno ne rimarrebbe schiacciato. Si può avere la cognizione della via di salita, quella si, in base all’innevamento, ai crepacci aperti o chiusi o a piccole o grandi frane di sassi presenti sul ghiacciaio. E si può avere la paura che un seracco crolli sopra di te. Paura sensata, perché i seracchi crollano, infatti nel possibile si tende sempre a starci il meno possibile al di sotto.

Cos’è successo domenica e perché si è staccato il seracco?

Riccardo Bergamini: Purtroppo è crollata una parte di un seracco sotto punta Rocca, poco al di sopra della via normale di salita a Punta Penia, la cima più alta della Marmolada. Il crollo di un seracco è un fatto naturale, più probabile con forti sbalzi di temperatura, ma non prevedibile anche in queste condizioni. Certo la situazione era più rischiosa, ma questi crolli possono accadere sempre, anche con temperature più rigide e al di sotto dello zero termico. E nemmeno quello si può prevedere. In montagna, come in altri luoghi, il rischio zero non esiste.

Quali differenze trovi tra i ghiacciai dell’Himalaya e quelli sulle nostre Alpi?

Riccardo Bergamini: La differenza è enorme, soprattutto per le dimensioni. Se si intende per il ridimensionamento dei ghiacciai, sulle nostre Alpi quest’anno si può notate a vista d’occhio, anche perché quest’ultimo inverno è stato magro di precipitazioni nevose. Comunque solo lo scorso anno di questi tempi i ghiacciai erano in uno stato decisamente migliore con ancora molta neve fresca e con svariate nevicate che avvennero nel mese di luglio. Un anno fa, non un secolo fa.

Quanto incide il surriscaldamento climatico e le grandi invasioni turistiche?

Riccardo Bergamini: Sul crollo del seracco le “invasioni turistiche? non hanno rilevanza se non nella logica di avere un maggior numero, purtroppo, dei dispersi e dei deceduti. Soprattutto se accadono crolli di questo tipo in montagne belle e famose e di non difficile ascesa e avvicinamento come la Marmolada. Sul riscaldamento climatico, non essendo un climatologo non posso esprimermi più di tanto. Posso solo dire che lo scorso anno salii la Marmolada di questi tempi e il rischio maggiore erano le valanghe per la presenza di ancora tanta neve.

Questi incidenti si possono evitare?

Riccardo Bergamini: Se questa tragedia si poteva evitare? Non credo. Perché se non fosse accaduta, nei giorni successivi, negli stessi orari, avremmo visto cordate sia in salita che in discesa. Personalmente con queste temperature e queste condizioni dei ghiacciai suggerisco di salire prestissimo la mattina per riessere all’ora di pranzo al parcheggio delle macchine. Se non fosse possibile, anche per la condizione fisica di ognuno, meglio fermarsi a dormire in un rifugio e aspettare il giorno seguente per scendere.

Ti è mai successo di trovarti in una situazione simile?

Riccardo Bergamini: Una cosa analoga no, altrimenti non sarei qui a raccontarla. Se poi parliamo di caduta in un crepaccio o cadute da pendii per distaccamento della neve sotto gli scarponi, si. Anche a oltre 7.000 metri. Ma è da mettere in conto per coloro che praticano alpinismo a tempo pieno e che frequentano le catene montuose più alte in tutto il mondo.

Che suggerimenti vuoi dare ad alpinisti ed appassionati di montagna?

Di non credere alla narrazione della montagna assassina o che la colpa di tutto ciò è del nostro “sempre”? sbagliato stile di vita.
La montagna fa il suo corso, è un corpo vivente e va saputa leggere e rispettare. Ha i suoi tempi che non sono i nostri. La montagna non sa se noi siamo presenti o assenti nelle sue pareti. Non uccide nessuno di proposito. Nei tempi passati sono avvenute tragedie analoghe in periodi così detti glaciali. E ho perso un amico durante una ascesa al Monte Bianco con temperature al di sotto allo zero termico, scomparso proprio per un crollo di un seracco. Dobbiamo avere l’umiltà di capire che l’uomo non può gestire e comandare il creato. Da parte mia questa è soltanto superbia.

a.fabiani@newscom.it

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