Lavoratori pachistani schiavizzati, forniti da una ditta trentina di Lavis. Uno scandalo che sta facendo tremare il Veneto tutto. Grafica Veneta, colosso veneto della stampa, è accusata di vero e proprio caporalato. Tanto da arrivare ieri all’arresto dell’amministratore delegato e del direttore dell’area tecnica di Grafica Veneta Spa. Condizioni di lavoro disumane quelle che sono state scoperte nel bliz dei carabinieri. Secondo gli inquirenti 12 ore al giorno di lavoro, una vera schiavitù. E parliamo dell’azienda che stampa, tra gli altri, i libri di Harry Potter e Barack Obama, libri che fanno il giro del mondo. Non esattamente una piccola azienda familiare.
Tuttavia, il presidente dell’azienda, Fabio Franceschi, sostiene di essere estraneo ai fatti e di essere pronto a collaborare con la magistratura. La situazione è davvero grave per l’azienda di Trebaseleghe (Padova). Infatti, la Procura ha richiesto l’emissione di due ordinanze di custodia cautelare per Giorgio Bertan, amministratore delegato, e Giampaolo Pinton, responsabile della sicurezza. Da quanto è emerso dalle indagini, Grafica Veneta si avvale da anni della cooperativa “B.M. Services” di Lavis (Trento), che è gestita da Arshad Mahmood Badar e dal figlio Asdullah, entrambi pakistani. Entrambi finiti in carcere con l’accusa di lesioni, rapina, sequestro di persona, estorsione e sfruttamento del lavoro.
I due avevano 35 lavoratori alle loro dipendenze, che lavoravano e vivevano in condizioni terribili. Costretti a vivere tutti insieme ammassati in due case, venivano prelevati alle 5 del mattino per raggiungere Grafica Veneta, dove li attendevano 12 ore di lavoro. Tutto, naturalmente, senza pausa pranzo e con una paga da fame: 4,5 euro all’ora. Non solo, a fine mese erano costretti a pagare un affitto, tra i 150 e i 200 euro, per il posto letto che ospitavano, in cui erano dei veri e propri prigionieri.
Ci sono state delle ribellioni. Nel maggio del 2020, undici lavoratori hanno provato a far valere i loro diritti, ma sono stati rapiti, picchiati, spogliati di ogni bene e abbandonati nei paesi vicini, imbavagliati e legati. Proprio il ritrovamento di uno di questi lavoratori ha fatto scattare le indagini. Il Procuratore di Padova Antonino Cappelleri dichiara: «Qui non c’è soltanto la vicenda del caporalato che viene posta in essere in maniera molto cinica da datori di lavoro pakistani che offrono manodopera e determinati servizi ad aziende italiane, ma anche la compartecipazione di quest’ultime a livello organizzativo, in quanto acquistano il servizio con consapevolezza e soprattutto palese corresponsabilità».
L’azienda veneta, però, si dichiara estranea ai fatti. Tramite una nota, si afferma che: «Grafica Veneta ha preso atto con rammarico e sorpresa delle notizie su un suo coinvolgimento nell’inchiesta denominata Pakarta». Precisando che «la società che gestiva l’appalto è interessata di altri analoghi appalti non solo in Veneto ma anche in altre regioni del Nord Italia. Infatti le prestazioni di Bm in favore di Grafica Veneta rappresentano una modestissima parte del totale dell’ attività svolta proprio nel settore grafico, da questa società. Grafica Veneta era del tutto all’oscuro di quanto sembrerebbe emergere dall’inchiesta». Eppure, le intercettazioni hanno portato alla luce una situazione molto diversa. Non solo il caporalato ma tutta una serie di irregolarità da nascondere. Persino le operaie che usavano macchinari che non avrebbero dovuto, istruite su che cosa devono dire in caso di un’ispezione. Ma anche il controllo dei cartellini che proverebbe turni da 16 ore. Il lavorare sotto stretta sorveglianza, senza scarpe antinfortunistiche né protezione per i rumori. Tutte violazioni e condizioni di cui, secondo il gip, Grafica Veneta era perfettamente a conoscenza.
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